1941-'42: Lo
scudetto inaspettato
Il primo campionato di guerra cominciò col ritardo di circa un mese,
il 28 ottobre 1941, sempre con girone unico a 16 squadre. Non offrì
soste e si concluse il 14 giugno 1942.
Dire che finalmente lo vinse la Roma è superfluo. Ma è il caso
di presentare la classifica completa: Roma 42, Torino 39, Venezia 38, Genoa
e Lazio 37, Juventus 32, Bologna e Triestina 29, Fiorentina, Milano e Liguria
27, Ambrosiana 26, Atalanta e Livorno 24, Napoli 23, Modena 19. Retrocessero
le due ultime.
Quanto alla squadra titolare non vogliamo fare torto a nessuno. Si avvicendarono
19 giocatori. Di ciascuno, nell'ordine di ruolo per quanto possibile, indichiamo
il numero di presenze.
Masetti 29, Risorti 1, Brunella 30, Andreoli 20, Nobile 1, FJonati 29, Mornese
29, Bonomi 24, Jacobini 7, Krieziu 23, Cappellini 18, Amadei 30, Coscia 3D,
Pantò 30, Borsetti 8, Di Pasquale 8, Benedetti 3, De Grassi 1.
Allenatore: Alfredo Schaffer. Tutte le partite casalinghe allo Stadio di Via
Flaminia.
Partite vinte 16, pareggiate 10, perdute 4. Gol segnati 55, incassati 21.
Il quoziente reti 2,61, fu ottimo e resse a lungo. Oggi èancora in
piedi quello strepitoso del Cagliari 1969-'70, 3,81: in quella stagione non
soltanto i sardi vantarono lo straripante Riva dalle 21 reti ma ebbero anche
in Albertosi un portiere-saracinesca, battuto soltanto 11 volte. Due fenomeni
per togliere ai giallo rossi un lungo primato. Amadei fu il cannoniere-capo,
con 18 reti. Pantò ne segnò comunque ben 12.
Dai primi di giugno del 1941 Igino Betti era stato ringraziato e restituito
alla sua azienda. Il «cambio di guardia», come allora si diceva,
portò alla massima carica della A.S. Roma il «camerata»
Edgardo Bazzini, di cui diremo appresso. Se è vero che la vittoria
in un campionato è il frutto di solidale bravura nella conduzione e
in campo, riteniamo giusto citare gli uomini di punta dello «stato maggiore»
giallorosso in quella memorabile annata: presidente Bazzini, allenatore Schaffer,
direttore sportivo Biancone, consulente tecnico Eraldo Monzeglio, medico Gaetano
Zappalà, massaggiatore Angelo Cerretti. Nel corso del torneo Monzeglio,
amico personale dei ragazzi Mussolini, e Cerretti si recarono volontari in
Russia; Cerretti fu sostituito da Angelo Cesaroni.
Dopo il magrissimo campionato precedente non sorprende che la Roma non fosse
neppure considerata nei pronostici della vigilia. La stampa del nord in pratica
la ignorò. Grandi favoriti erano: il Bologna campione d'Italia in carica,
ben collaudato, difesa di ferro, saldissimo in quattro campioni del calibro
di Andreolo, Biavatì, Sansoni e Reguzzoni; l'Ambrosiana, seconda nel
'41, che non aveva più Meazza, ma contava sul rendimento di atleti
come Campatelli, Frossi, Guarnieri e De Maria; la Juventus che non riusciva
a smaltire le fatiche del famigerato «quinquennio» ma sulla carta
faceva paura: Foni, Rava, Parola, i due Varglien, i due Sentimenti, Colausi,
De Petrini, Ferrari, Locatelli e ci pare abbastanza. Nè dopo le tre
favorite si andava a picco. Il Venezia per esempio, con Valentino Mazzola
ed Ezio Loik in fase di esplosione, aveva un'alta quotazione; tanto è
vero che fu terzo a un solo punto dal Torino secondo (e si aggiunga che fece
sudar freddo la Roma sul campetto di S. Elena, nella partita che schiuse ai
giallorossi la via per lo scudetto). Si può dire che mentre erano in
parecchi a sperimentare il «sistema», da un anno importato, insieme
alla Roma le escluse dai pronostici di stampa erano soltanto Liguria, Atalanta,
Livorno, Napoli e Modena. Nè la stampa romana, vedansi collezioni,
riusciva a dar coraggio ai tifosi: con la guerra, sembravano dire, non si
scherza!
Edgardo Bazzini, inoltre, non sembrava l'uomo della Provvidenza. Pezzo grosso
dell'azienda di Stato petrolifera, la sua esperienza in fatto di calcio non
era modesta: semplicemente non ne esisteva traccia. Peggio del Duina attuale
perché adesso e da molti anni, il calcio è divenuto un permanente
fatto clamoroso; allora lo era molto meno. Ebbe però la virtù
di chi, non conoscendo, ascoltava il parere degli esperti. Più che
mai eminenza grigia della società Vincenzo Biancone legava benissimo
col tecnico, che parlava soltanto la sua lingua ma si faceva capire. Quando
il nuovo presidente arrivò in via del Tritone, l'ottima impressione
fu reciproca perché Bazzini sorrideva, diremo, per istinto. Chiese
cosa si poteva dare «per divertire il pubblico e non fare la figura
dei fessi». Schaffer, raccontava Biancone, fu perentorio: «datemi
un centro-mediano e una mezz'ala e io vincere campionato». Chiese Gallea
del Torino e Mornese del Novara: ebbe il secondo per 120 mila lire.
Chiese la mezz'ala del Napoli, Cappellini, detto poi «il barone»
per lo stile personalissimo; non fu facile ma l'appetito vien mangiando. Schaffer
non era un sedentario e giracchiando aveva visto nel Perugia un ragazzone
di ventun anni, tutto muscoli e dinamismo. Gli era rimasto nella mente e visto
che Bazzini trovava sempre i soldi azzardò la mossa. Arrivò
così il terzino Sergio Andreoli per sole 25 mila lire. Infine all'ultima
ora fu dato un rincalzo a Masetti nella persona armoniosissima di Fosco Risorti
che rimase a lungo nella società. Ma fu per allora un lusso quasi inutile
perché Masetti giocò 29 partite. Trascurando altri minori, furono
quelli i ritocchi preziosi che, realizzati in un complesso già abbastanza
affiatato, compirono il miracolo di lasciare tutta l'Italia calcistica a bocca
aperta.
Un'annata col vento in poppa, direte. Ma no, nulla è perfetto. Si tremò
a lungo anche durante le lunghe serie di partite positive, anche dopo il giro
di boa del girone di andata, chiuso da «campioni d'inverno» con
22 punti, 10 dei quali guadagnati in trasferta (26 gol all'attivo, 9 al passivo).
Ma il Torino era a un solo punto, il Venezia a tre, campionato tutto ancora
da giocare. Il guaio era che nella squadra non mancavano gli innamorati a
oltranza; ed è noto che l'amore è meraviglioso, ma comporta
gelosie e stramberie di vario genere, poco confacenti allo sforzo fisico e
psicologico di un atleta che è in corsa verso ambiziosi traguardi.
Potremmo narrare particolari che divertirebbero i lettori, ma sarebbe ingiusto
e deplorevole. Fu per certo una dura lotta, protagonista ancora una volta
Biancone, che riuscì a placare mogli e a frenare amanti a prezzo di
stratagemmi e pedinamenti all'orlo della stravaganza e non senza rischi per
l'incolumità personale. Raccontava che una volta per far rinsavire
un irriducibile si fece perfino millantatore: «Detto fra noi, caro ragazzo,
devo avvertirti che il presidente ha già fatto i suoi passi: o cambi
subito registro o in ventiquattr'ore ti ritrovi in Russia». Poiché
il caro ragazzo non era della stoffa di Monzeglio la minaccia risultòmolto
efficace.
Su questo torneo sono già stati scritti dei romanzi, e spesso in toni
lirici. Non è mancato qualcuno, anche di buona firma, che non ha temuto
il ridicolo scrivendo che la vittoria romani sta fu dovuta a ordini superiori
impartiti da Palazzo Venezia, dove Mussolini, poveraccio, era già alle
prese fino al collo con problemi che risultarono assai più grandi di
lui. A noi pare che a dare un'idea della schietta e palpitante lotta sostenuta
dalla Roma in un testa-a-testa che durò poco meno di due mesi,. valgano
le date e le tappe:
- 26 aprile - Venezia-Roma 0-1 (Classifica: Torino 32, Roma 31, Venezia 28)
- 3 maggio - Roma-Triestina 0-0 (Torino e Roma 32, Venezia 29)
- 10 maggio - Torino-Roma 2-2 ( Roma e Torino 33, Venezia 31)
- 17 maggio - Roma-Liguria 7-0 (Roma e Torino 35, Venezia 33)
- 24 maggio - Lazio-Roma 1-1 (Torino 37, Roma 36, Venezia 34)
- 31 maggio - Roma-Ambrosiana 6-0 (Roma 38, Torino 37, Venezia 36)
- 7 giugno - Livorno-Roma 0-2 (Roma 40, Torino 39, Venezia 38)
- 14 giugno - Roma-Modena 2-0 (Roma 42, Torino 39, Venezia 38)
Seguì una grande festa giallorossa e tricolore insieme, con i cinque
bersaglieri piumati che in corsa precedevano i compagni nel giro di campo,
per salutare i 27 mila tifosi che in delirio li ringraziavano. A questo punto,
scusate, anche noi stiamo scivolando nel lirismo. Sarà bene
frenare, ricordando che quella memorabile annata ha un grosso, enorme difetto:
è rimasta l'unica che abbia saputo salutare una Roma campione d'Italia.
Tratto dal libro AS Roma da Testaccio all'Olimpico (libro edito nel 1977)
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